Gentile Direttore,
sono una mamma 36enne di due splendidi bambini di 2 e 3 anni. Mio marito ed io avremmo tanto desiderato il terzo che, come dono del Cielo è puntualmente arrivato, anche se per sole 9 settimane dentro di me.
Abortire per chi desidera diventare mamma è una cosa devastante e anche se non lo si è ancora conosciuto, dal giorno in cui si scopre di aspettarlo…semplicemente c’è, esiste… deve solo crescere a sufficienza per potere essere abbracciato. Non si è più una singola persona ma due! Un miracolo!
Quel giorno così terribile che ahimè tante donne conoscono, non solo ho sopportato il dolore di farmelo “raschiare via”, ma al grande e rinomato ospedale Versilia, dopo tante male informazioni (“passi prima al Pronto Soccorso”, e poi al Pronto Soccorso “non doveva venire assolutamente qui, vada in ginecologia” e poi ancora in ginecologia vedere chiusi i due ambulatori suggeriti alle ore 9 di mattina), mi sono ritrovata in OSTETRICIA. Mi hanno candidamente fatto accomodare nella “mia stanza”. Credevo di avere capito male e quindi ho chiesto nuovamente: “Scusi quale stanza…mica qui in questo reparto???” E invece, sorpresa, ero giunta a destinazione. Alla fine del 2011 al Versilia (e poi ho scoperto in molti altri ospedali italiani) è ancora in vigore questa tortura.
Una donna, il cui percorso più bello e avventuroso della vita è stato per qualche motivo spezzato, è costretta a passare la giornata, già sufficientemente dolorosa, in una stanza di un reparto pieno di fiori e fiocchi azzurri e rosa. Ero veramente sconvolta e solo grazie al buon senso e al “polso” di mio marito, sono riuscita a rifiutare l’intervento e scappare quasi letteralmente a Pisa al Santa Chiara, dove ammetto che il trattamento è stato ben diverso. Certo, la zona di passaggio è quella ma per lo meno lì hanno il buon senso di fare accomodare una donna nelle mie (o simili) condizioni in ginecologia.
Non posso fare a meno di pensare a chi non ha la fortuna di avere a casa due creature che ti aspettano, e si trova ad affrontare questa situazione ancora più “sola”, magari ad una prima gravidanza…magari ripetutamente.
Sono sbalordita dal fatto che oggi, in Italia ci siano ancora tanti posti a rendere “normale” questa prassi, una vera e propria tortura emotiva e mi chiedo come mai nessuno sia ancora intervenuto per modificare questo problema di, se vogliamo, spazi e smistamenti, ma anche di etica e “pietas”. Per una come me che riesce ad evitare questa situazione che rende ancora più terribile un giorno già di per sé così tragico, chissà quante persone ogni giorno devono sottoporsi a questa gratuita crudeltà.
È semplicemente vergognoso e mi auguro che anche questo problema possa trovare una soluzione più adeguata quanto prima.
Viareggio, 20/11/2011